Pubblichiamo qui di seguito un breve stralcio della relazione "Verso l’Economia del Ben-Esssere" di Stefano Zamagni (Università di Bologna) presentata durante le Giornate di Bertinoro per l’Economia Civile, che si sono svolte nei giorni 8-9 ottobre 2010.
Quale spazio per il Terzo Settore?
Come mai nonostante il Titolo V della nostra Carta Costituzionale sia stato modificato nel 2001, non sono ancora visibili significativi risultati pratici sul fronte della "sussidiarietà orizzontale"?
Si potrebbe rispondere con una frase idiomatica americana che rende bene l’idea: “It takes two to tango” (“Bisogna essere in due per ballare il tango”).
E’ un fatto che la realizzazione piena di un welfare nuovo esige che da entrambi i lati del processo decisionale si sia in grado di muovere passi decisivi verso la sussidiarietà: da un lato, l’ente pubblico deve accettare di cedere quote o spazi di decisionalità a favore di soggetti della società civile; dall’altro lato, è necessario che tali soggetti siano in grado, oltre che desiderosi, di assumersi la responsabilità di quelle decisioni.
Condizioni queste che, per le ragioni note a tutti, nel nostro paese non sono ancora soddisfatte appieno. Dal versante dell’ente pubblico, infatti, si osserva una naturale resistenza a condividere con altri il potere decisionale. La disposizione d’animo tipica del sindaco di città o del presidente di regione è del seguente tipo: “Io sono stato eletto e dunque sono io a dover rispondere ai cittadini”. E’ questa la giustificazione frequente che viene addotta da chi coltiva la prospettiva della “private politics” secondo cui gli attivisti politici disintermediano la politica trattando direttamente con i cittadini. Ecco perché è giunto il momento di riflettere sul significato proprio della democrazia deliberativa, un modello che con molta fatica si va facendo strada anche nel nostro paese. È comprensibile, ma non giustificabile, che l’ente pubblico, abituato da decenni, ad una cultura e ad una prassi dello statalismo, sia restio oggi a cedere ad altri quote del potere decisionale.
Dal versante dei soggetti della società civile organizzata occorre del pari osservare che questi non sono ancora pronti, salvo lodevoli eccezioni, ad assumersi il ruolo che una autentica sussidiarietà esigerebbe da loro. Sono bensì pronti a gestire ma non ancora attrezzati a prendere decisioni. Il mondo dell’associazionismo, del volontariato, delle cooperative sociali, delle associazioni di promozione sociale, dopo decenni di straordinarie esperienze sul campo hanno acquisito grande esperienza di gestione (oltre che di advocacy e di sensibilizzazione politico-culturale), ma le capacità decisionali sono altra cosa.
Decidere, in latino, significa tagliare.
È capace di decisione chi è capace di eliminare opzioni ritenute irrilevanti e dunque di assumersi le responsabilità conseguenti - la responsabilità, in particolare, di far fronte ai costi opportunità. Questo ci aiuta a capire la straordinaria fortuna che ha avuto in Italia il cosiddetto welfare mix, il sistema cioè in cui l’ente pubblico dà bensì in gestione ad altri soggetti (sulla base di convenzioni, gare d’appalto o altro) tutta, una serie di servizi, ma le scelte strategiche restano in mano sua, anche se prese sulla base di informazioni raccolte dai soggetti gestori. Si deve allora essere avvertiti del fatto che nonostante decisivi passi avanti sul fronte culturale e scientifico e nonostante talune espressioni notevoli di sussidiarietà, siamo ancora lontani, nel nostro paese, da una piena attuazione del dettato costituzionale.
La relazione di Zamagni:
1 commento:
Le riflessioni di Zamagni sono sempre molto interessanti.
Grazie per la segnalazione
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