di Eugenio Borgna
LA CORTE DI CASSAZIONE - con la Sentenza del 14 febbraio 2011 - ha di fatto invitato il Parlamento Italiano a legiferare in tema di adozione per i single.
Ma io qui non voglio guardare agli aspetti giuridici che la sentenza solleva. Voglio invece partire da un altro punto, dato che io ritengo che la maturazione psicologica di un bambino o di una bambina avviene nella sua forma più completa, più umana, più integrata solo in un contesto che vede madre e padre presenti nelle varie fasi dello sviluppo.
Considerare la presenza di un uomo o di una donna come soggetti singoli, tagliando fuori quella che è la coppia come struttura costante di ogni maturazione psicologica del neonato prima, del bambino poi e dell’adolescente in seguito, è un grave errore di prospettiva.
Lo sviluppo non può, nella sua completezza, darsi staccato dalle diversità psicologiche e umane di un padre e di una madre che si integrano, si conciliano, a volte entrano in conflitto. Prescindere da questa unità dialettica significa porre le premesse perché una fragilità umana già grande si trovi ancor più esposta e a rischio nel percorso di maturazione. Pensiamo proprio a chi nasce con attitudini grandi, ma con caratteristiche di fragilità, com’è facilmente il caso di un bambino che si trova nelle condizioni di dover essere adottato da una nuova famiglia. Durante il percorso delicato della sua maturazione si troverà a dover soffrire ulteriormente, perché privato di quella atmosfera senza dubbio complessa, ma vigorosa e creativa che solo una coppia può dare.
Viviamo in un mondo assediato dalla precarizzazione e privatizzazione dei nostri sentimenti. La tendenza, anche in questo caso molto esasperata dai mezzi di comunicazione, ad avere figli a ogni costo, anche quando i limiti di età non lo consentano, anche in assenza di un compagno o di una compagna di vita, viene letto come un desiderio. Però, se prendiamo alla lettera la parola, dobbiamo riconoscere che desiderio significa anche vivere l’amore sotto forma della nascita di qualcuno che ci trascenda. E ci trascenda nella nostra singolarità e nella nostra privatezza, in quella dualità senza fine che è costruita dalla coppia. Se questo desiderio assunto come destino, però, non tiene conto del contesto di attesa, di trasformazione, di mistero che ogni vero desiderio di trascendersi in un figlio comporta, temo si finisca per sottrarre il nascituro o il nuovo arrivato nella famiglia da quel clima che, per essere formativo e creativo, non può generarsi che da una dualità.
È la dualità del femminile e del maschile, che si integrano in forme e che a volte possono assumere tratti dissonanti o antinomici. Ma proprio questa correlazione continua pone le premesse perché anche i bambini più fragili e più deboli abbiano a trovare dei motivi, delle occasioni, delle circostanze per viversi davvero come accolti, come desiderati. In quanto sono portati nel flusso di un amore senza fine che è sempre costruito su due soggettività che si incontrano, a volte si scontrano, ma in definitiva si costruiscono reciprocamente. Senza fine.
(testo raccolto da Marco Dotti)
tratto integralmente dal n. 7 del 25/02/2011 di "VITA Non Profit Magazine"
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